Chiunque vive in una metropoli e passa troppo tempo tra quattro mura, ma conserva un briciolo di vitalità e di umanità, muore dalla voglia di sfuggire al computer e al lavoro, al cielo grigio e alla giungla d’asfalto. Chi ci prova virtualmente è sempre più triste e solo. Io, non appena il meteo lo permette, scappo dalla città e mi perdo in mezzo al verde, meglio con qualche amico ma anche solo sto bene. Quale mezzo di evasione è migliore di una motocicletta? Fa sentire vivi, risveglia i sensi e costringe al confronto col rischio, col freddo e col caldo, obbliga a essere attenti e vigili. Apre gli orizzonti. Non è un’esperienza isolata ed egoistica, l’emozione si condivide tra biker e passa da noi, che corriamo nel vento, a chi ci guarda passare, suscita ricordi negli anziani ed entusiasmo nei più piccini. Una manina che ti saluta e lo sguardo incuriosito di una ragazza per me valgono ancora più di mille laik, o come diavolo si dice... Inutile nascondersi dietro a un dito, anch’io vivo qui e ora senza sfuggire all’equivalente odierno delle dieci piaghe d’Egitto. A dire il vero mi sembra meno spaventosa l’invasione biblica delle cavallette rispetto al rincoglionimento volontario di massa monetizzato dai social media, per esempio. Mi sento circondato da zombie con gli occhi fissi allo smarfon. Il peggio è che alcuni di loro prendono la dimensione virtuale dannatamente sul serio, tanto da innamorarsi e poi litigare o lasciarsi per interposti pixel. Certi sono talmente presi dal flusso d’informazioni che perdono il contatto con la realtà fisica e attraversano col rosso; ieri un pedone lo ha fatto a due passi dal mio chopper senza nemmeno rivolgermi uno sguardo, quasi cadevo per evitarlo. Non sono immune da questo incubo quanto vorrei, comunque coltivo un pudore che mi vieta di divulgare i fatti miei più intimi e detesto chi fotografa a tradimento per mettere online ferite, pietanze e la tua faccia prima ancora che tu te ne renda conto. Uso internet più o meno come facevo con le pagine gialle e non trovo gratificante raccontare a pseudoamici malanni, convinzioni politiche, gioie e dolori. Nel marasma infernale del web si nascondono comunque informazioni utili e un pizzico di saggezza. Tempo fa, per esempio, mi sono imbattuto in un botta e risposta emblematico. La domanda pare banale: quale sarebbe l’aspetto della vita odierna più difficile da descrivere a una persona degli anni 50? La risposta non lo è affatto. ”Posseggo un apparecchio che sta in tasca e mi permette di accedere alla totalità delle informazioni conosciute dall’uomo. Lo uso per guardare foto di gattini e litigare con sconosciuti”. Nella sua semplicità la battuta fa riflettere. Non esistono strumenti di comunicazioni buoni o cattivi; sono solo mezzi, conta l’uso che ne fai. Non ci sono strade giuste o sbagliate, tutto dipende dalla velocità a cui le percorri e dallo spirito con cui viaggi. Basta spegnere lo schermo e saltare in sella per scoprire che il mondo è sempre vasto, la pioggia bagna e il vento asciuga i motociclisti proprio come hanno sempre fatto, per più di un secolo. Le strade sono un social network; il motore di ricerca interiore migliore è un v-twin.