«Quando finisce il film, lo spettatore torna a indossare il suo abito, rientra nel suo corpo e riprende la sua anima. Egli torna in sé.»
Per molti di noi tutto era cominciato al cinema. Davanti al mistero del grande schermo, nella penombra di una sala di periferia, tra schiamazzi, sgomitate e sigarette fumate fino al filtro, eravamo rimasti a bocca aperta davanti alle gesta di pirati della strada, rocker in sella a moto strane con forcelle lunghe e manubri alti. Trame e caratterizzazioni dei personaggi erano ingenue, tipo western di serie B. I dialoghi parevano strampalati persino a noi, che cercavamo di decifrare testi rock col nostro inglese scolastico. Suonavano approssimativi e storcevamo il naso. A volte la colonna sonora ci faceva viaggiare lontano. Le locandine erano spettacolari; i titoli italiani esageravano peccaminosità e violenza di film che, oggi, fanno sorridere. Allora ci sembravano trasgressivi, più emozionanti di ciò che passava la televisione di Stato sui due canali. Quegli eroi di celluloide ci parevano vicini a noi; non cavalcavano puledri, ma cavalli di acciaio un po′ più grossi e cromati dei nostri cinquantini e centoventicinque truccati. Il Selvaggio era stato il primo di una lunga serie. Ricordo la proiezione in una rassegna dedicata a Marlon Brando. Coi miei amici cercavo di imprimermi nella mente ogni dettaglio di quelle moto strane, anche il look ci piaceva un sacco; i rocker tifavano per Johnny, a me stava più simpatico Chino, un punk. La vera botta fu Easy Rider, paesaggi sconfinati e country rock psichedelico, un invito al viaggio. Il mio preferito fu I selvaggi, in lingua originale The Wild Angels, visto su una rete privata e poi in VHS prima di godermelo al cinema. Quando il film finiva, cercavamo di restare in quella dimensione; volevamo combinare gli stessi guai, desideravamo le stesse moto... Ora siamo assuefatti a dimensioni microscopiche da telefonino e alla solitudine. Nel web tutto sembra a portata di click; pare anacronistico il grande schermo, le sale chiudono, intere generazioni nascono digitali, non conoscono la magia. Eppure a me manca il rituale della proiezione, ho sete di immagini in movimento... E mi manca la strada.