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LOWRIDE 49 Luglio 2012

I doppiatori di Cinecittà sono da sempre considerati tra i più professionali al mondo. Le loro performance contribuiscono a rendere credibili ed emozionanti le pellicole che arrivano dagli States e finiscono per suggestionare la nostra fervida immaginazione. Per quanto riguarda i titoli, però, è tutta un’altra storia. Potremmo passare nottate intorno al fuoco, e lo faremo in qualche prossimo raduno estivo, raccontandoci strafalcioni e involontarie gag cinematografiche, traduzioni a capocchia e altre maccheroniche prodezze... Questa, per me, invece è una storia seria. Da anni indago ma nessuno è riuscito a spiegarmi come mai in Italia il titolo Easy Rider, oggettivamente arduo da tradurre, fu rispettato. Eppure, sui manifesti e nei titoli di apertura, vennero aggiunte tre parole: libertà e paura. Una volta tanto il sottotitolo nella lingua di Dante mi pare ancor più denso di significato dell’originale, ovvero: ”un uomo andò alla ricerca dell’America. E non riuscì a trovarla da nessuna parte”. Libertà e paura riesce meglio a trasmettere la tensione vibrante che condivide solo chi sceglie di vivere a modo proprio fino in fondo, sfidando le convenzioni. Allargare i propri orizzonti aiuta a crescere, ma è inevitabile correre qualche rischio. Quarant’anni dopo Easy Rider resta un film che fa vibrare le corde della libertà nell’animo di chi non si arrende e continua a sognare, vuole viaggiare, incontrare i propri simili e conoscere altre realtà. Meglio ancora se lo fa su due ruote nude e crude, senza parabrezza; in sella a una moto che si evolve e finisce per assomigliare ai propri sogni... Il chopper è un simbolo di libertà, una libertà tutta da vivere con rispetto e responsabilità, ma senza paura.

© LOWRIDE | Luglio 2012