Due occhietti mi perseguitano dall′infanzia. Un anno prima che nascessi, nell′estate del 1963, si esibirono per la prima volta in Europa autentici dragster americani, destando sensazione. Alla folla assiepata sul lungomare di Brighton il MoonEyes fece l′effetto di una nave spaziale aliena. Stampa, televisione e cinegiornali fecero conoscere al resto del ”mondo libero” il marchio e la forza bruta dei V8 da corsa. Gli occhietti spuntarono anche sul casco di John Cooper, pilota inglese che diede filo da torcere a Giacomo Agostini e alle MV Agusta. John si presentò alle prove di un Grand Prix con un personaggio da cartoon dipinto a mano sulla ”scodella”; i commissari non gradirono, dovette pittarlo in tinta unita per poter correre ma aggiunse un adesivo che impazzava persino in Italia su FIAT 500 e Lambretta truccate. Si trovava sui banchi dei mercati rionali; lo appiccicai con orgoglio sul cofano della mia macchina a pedali in lamiera rosso fuoco. In quel tempo i piloti apparivano eleganti nelle loro tute bianche con nome e gruppo sanguigno ricamato; la tivù era in bianco e nero ma le Formula 1 italiane erano rosse, le francesi blue e le inglesi british racing green. Quando vidi per la prima volta una foto a colori del famoso dragster scopriì che era giallo e rividi gli occhietti... Sono passati tanti anni eppure il marchio Moon evoca ancora tante storie, è simbolo di passione e avventura. Quando lo ritrovo su auto, moto e magliette a Hills Race mi viene il dubbio che tanti, spedalando a perdifiato, sognassero come me la velocità e un′altra America.